Centro Servizi Culturali di Canosa
La chiusura

C’è tanto da fare per il Polo Biblio-Museale BAT-Biblioteca regionale, ma prima di ogni altra cosa, occorre salvarlo!

Francesco Specchio
Leggere e studiare fuori casa, si ma dove?
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Centro Servizi Culturali di Canosa
Centro Servizi Culturali di Canosa

Può sembrare un discorso prevedibile, ma una città priva di una biblioteca pubblica è come un corpo umano senza un organo. Pur considerando presidi cittadini più necessari, disporre di un ambiente di condivisione culturale a beneficio della comunità potrebbe essere fondamentale per la sua crescita interiore, affinché possiamo vivere in un luogo socialmente più gradevole, con una maggiore sensibilità e anche (diremmo) una maggiore gentilezza caratteriale da parte di tutti noi.

Allora, se ci professiamo una Città di Cultura, perché ci ritroviamo con una biblioteca chiusa? Facendo ipotesi in generale e al di là del caso di specie, i fattori che possono determinare la chiusura di una struttura bibliotecaria potrebbero essere diversi: poca frequentazione, personale numericamente insufficiente, numerose spese gestionali da affrontare, problemi strutturali o di sicurezza ed ecc.

Per l’ennesima volta, questo territorio si ritrova a vivere di rimpianti su ciò che avrebbe potuto essere e poi non è stato. Per l’ennesima volta, siamo costretti a vederci chiuso (negato!) un servizio destinato a tutti noi, con una città ulteriormente impoverita nelle risorse informative e culturali per chi voglia apprendere in modo più approfondito, che non per mezzo dei social o della televisione, come accade (purtroppo) oggi.

Occorre comunque dire che Canosa ha anche altre strutture analoghe accessibili, ben attrezzate anche se non altrettanto spaziose e dalle modalità di fruizione differenti, oltre che purtroppo ancora poco conosciute dalla cittadinanza in generale – almeno è quello che sembra – rispetto al Polo Biblio-Museale BAT-Biblioteca regionale ex Centro Servizi Culturali (CSC), considerato più o meno da tutti come la “biblioteca” cittadina per antonomasia.

Peccato, perché il CSC era un punto di riferimento per ragazzi e adulti – soprattutto studenti universitari e ricercatori – che vi trascorrevano il proprio tempo studiando fuori casa, concentrati sui libri nella tranquillità e nel silenzio che tale sede impone o, quanto meno, garantisce. In effetti, fare ricerche senza essere costretti spostarsi presso le sedi bibliotecarie di Bari, o di Foggia (per chi frequenta gli atenei e gli istituti di queste città) è di una comodità non indifferente.
Peccato, visto che i suoi spazi permettevano lo svolgimento di eventi quali convegni, concerti, esposizioni artistiche ed ecc.
Peccato, considerato che tanta gente avrebbe potuto frequentare un luogo al coperto, accogliente e al tempo stesso riservato, depositario di sapere e di informazione, usufruendo di tavoli, sedie e poltrone.
Peccato, per coloro che beneficiavano dei prestiti a domicilio sia per pubblicazioni saggistiche da consultare, sia per opere di narrativa per le quali concedersi a casa una lettura di piacere.
Peccato, perché si tratta di un luogo urbano situato in una zona centrale, tutto sommato a portata di mano e senza dover raggiungere appositamente.
Peccato, dal momento che stiamo parlando di una struttura sorta negli anni ’70 quando – per quei tempi – poteva essere anche all’avanguardia rispetto ad altre realtà di provincia: un luogo ampio, spazioso, multifunzionale, con estensioni all’esterno per ulteriori attività, nato come tale, moderno nella concezione spaziale e nella disposizione dei vani, senza riadattare preesistenti edifici, come spesso accade qui.
Peccato, se consideriamo che negli ultimi tempi sembrava si avvertisse una ripresa operativa della struttura.

Tuttavia, ancora una volta siamo chiamati a rimboccarci le maniche, non più per scongiurare una chiusura ormai già avvenuta, ma per sensibilizzare tutti, a cominciare dalle autorità competenti, verso un recupero che possa col tempo portare alla riapertura – magari graduale – di un luogo oggi chiuso.

Fortunatamente, ci sono giovani che si stanno attivando denunciando lo stato attuale e invitando gli utenti a mandare mail di protesta alla Regione Puglia (indirizzo dipartimento.turismocultura@regione.puglia.it), ente responsabile della gestione della biblioteca. Non bisogna lasciarli soli e incoraggiarli solo con le parole e con frasi di circostanza certamente non basta. Occorre schierarsi a fianco, supportarsi a vicenda e alzare la voce insieme, se è necessario.

Come già successo in passato, le associazioni culturali locali andrebbero coinvolte, nell’adottare questa causa rafforzando iniziative di attivismo, magari sotto forma di incontri rivolti al pubblico che dovrebbe essere il primo interessato.

Allo stesso modo, il dialogo deve essere esteso alle scuole e alle parrocchie, punti imprescindibili della crescita sociale di una generazione, affinché possano espandere la propria voce alle famiglie e al quartiere.

Non è da trascurare l’eventualità della costituzione di un comitato permanente per il recupero e la salvaguardia della nostra biblioteca, in modo tale che l’appello appassionato dei singoli si traduca in un soggetto giuridico che possa vigilare e fare da referente.

Ovviamente, la politica locale – oltre a mostrarsi attenta – deve far fronte comune bipartisan, amplificare la voce del territorio e discutere la problematica in modo costruttivo presso i tavoli istituzionali, evitando di perdere tempo nelle polemiche e soprattutto nello scaricarsi a vicenda le responsabilità, accusandosi gli uni contro gli altri (in questo momento non servirebbe).

Chiaramente, avvalendoci di indicazioni fornite da esperti in biblioteconomia, occorre studiare e proporre un piano gestionale sostenibile, tale da fare in modo che si possa ritornare sui propri passi e riaprire al pubblico le porte del CSC.

Al netto degli urgenti interventi strutturali, bisognerebbe poi pensare a quelle migliorie che tale struttura avrebbe bisogno, come soprattutto ne avrebbero necessità i fruitori: pensiamo a un database informatico che si affianchi agli ormai datati schedari cartacei per una ricerca più performante e agevolata, ad aree wi-fi e a postazioni internet per coloro che necessitano di navigare nel web. Poiché, in effetti, ormai l’edificio che fino ad alcuni decenni fa era una novità del territorio, adesso mostra i segni del suo tempo, tra un arredo vintage (per non dire obsoleto) e una tecnologia non propriamente fruita dal frequentatore.

C’è tanto da fare per il Centro Servizi Culturali.
Ma prima di ogni altra cosa, occorre salvarlo!

sabato 15 Luglio 2023

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